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casa neve

Ferragosto. Due passi in maschera a scantonare la folla ed è già noia. Ringrazio di non avere sedici anni (i nostri ragazzi sono da medaglia d’oro), non sarei sopravvissuta alla reclusione in famiglia, meglio pescare la carta Imprevisti. O forse mi sarei arresa – pur preferendo un ergastolo a Marassi – e mi sarei riavvolta intorno a libri e musica. Avrei fantasticato di posti così lontani che manco Jack London ne Il vagabondo delle stelle.

Del resto Salgari non viaggiò mai. Non, almeno, come ci si aspetterebbe dai suoi scritti. Idem per Jules Verne. Poco importa se i loro romanzi raccontano di viaggi memorabili verso terre a metà tra il fantastico e la geografia.

Prima di diventare scrittore, Kent Haruf ha svolto diversi lavori e ha viaggiato un bel po’. Poi si è fermato e ha inventato la cittadina di  Holt, ispirata a tanto Colorado e soprattutto a Yuma.

Neanche Stephen King ha fatto chissà quanta strada, se pensiamo a tutto il Maine che c’è nei suoi libri.

Il romanzo che ho scritto è ambientato in un paese immaginario – d’ispirazione sarda – collocato su un’isola vulcanica a vocazione fortemente sismica. L’ispirazione sarda è evidente nella connotazione realistico-rurale e nell’atmosfera magico-arcaica del paese, ma l’isola NON è la Sardegna.

In una scheda di valutazione ho letto: “Nella sinossi afferma d’ispirarsi alla Sardegna, eppure la Sardegna non è sismica né vulcanica”. Davvero? Me lo giurate?!

Va bene, mi sono spiegata male o sono stata fraintesa. Si cambia. Scriverò un racconto ispirato a un bel niente, o meglio, a niente che io conosca o che possa conoscere chi leggerà la sinossi. Sceglierò un’atmosfera inusuale e ne respirerò l’aria su Google Maps o Wikipedia.

Per il mio esperimento, partirò da una zona sperduta della Russia.

Digito “Russia” su Google Maps. Zoom fino a ingigantire la parola Surinda (carattere occidentale e cirillico, da qui in avanti scritto con una”g” in più). Alle 4.03 clima parzialmente nuvoloso, con una temperatura di 16 gradi. L’omino giallo dello Street View non collabora, il satellite offre marrone e verde per chissà quanti chilometri, poi un coagulo di tetti rossi blu verdi, forse capannoni, simili alle macchine di un concessionario di usato. Quest’informazione tornerà utile.

A poca distanza scorre un fiume che sulla carta sembra ben lungo, il Reka (che significa appunto fiume) Suringda (da qualche parte a nord c’è anche un lago Suringda, uno dei 19338 laghi della Russia). Risalgo fino alla sorgente senza incrociare una casa. Mi arrendo all’approfondimento online: pochi siti bonariamente tradotti dal russo m’informano che sono nella taiga, in una terra foraggera adibita al pascolo stagionale delle renne domestiche. Non male un racconto sulla vita del giovane Irkuk, il pastore di Suringda che abbandona sulla riva le renne di famiglia per lavorare come impiegato in un concessionario di trattori stradali.

Il fiume biforca più e più volte: resto a sinistra per mantenere l’orientamento. Quando l’acqua si fa meno chiassosa, compare un piccolo, curioso centro urbano. Street View dorme ancora ma le mappe indicano un albergo, il Podkova, nel territorio di Krasnojarsk. Quattro recensioni miserrime su Tripadvisor e zero foto, meglio lasciar perdere. Seguo il Suringda finché non s’immette nel Reka Nera.

Costeggio questo nuovo fiume lungo miriadi di anse imbiancate, fino al paese di Tokma (casupole sbilenche e staccionate a protezione di alberi da Natale). Più avanti c’è una scuolina verde che mi fa venire in mente il film Non uno di meno del cinese Zhang Yimou.

Proseguo lungo il fiume Nera (anche chiamato Hera, giusto per non confondere le idee), ghiacciato, pixelato e attorcigliato da fare invidia all’intestino tenue. Alla foce sorge Ust’Nera – 8000 abitanti dispersi tra le nebbie pungenti – definita da Wikipedia una delle cittadine più fredde al mondo, con picchi di – 60°C. Il museo mantiene vivo il ricordo dei gulag che hanno infamato la regione. Trovo un posto per dormire, il Gostevoy Dom ha perfino cucina a gas e lavatrice. Una sola domanda: cosa viene a fare uno dei miei personaggi qui a Ust’Nera?

– Scappa dai debitori?

– Di solito ci si nasconde nei posti caldi.

– Ha una malattia rara?

– Quale morbo costringerebbe un uomo a vivere fra i ghiacci? Beh, a meno che… il suo corpo non vada in decomposizione. Ma certo! Allora sì che si troverebbe bene a -60°C!

– Un miliardario che per evitare la putrefazione si trasferisce a Ust’Nera.

– Potrebbe essere un’idea ma… sono le 14,30 e quel rossiccio là in fondo preannuncia il tramonto. Sarà meglio lasciare la Siberia. Di materiale per scrivere ne ho abbastanza, se considero anche quel fatterello misterioso che ha stuzzicato scrittori e scienziati…

– Di cosa parli?

– Non te lo dico, così leggerai i miei racconti.

– Sogna, Giovannina Perdigiorno, sogna… intanto con la scusa del ferragosto non hai scritto niente.

– Ora basta, grillaccio del malaugurio… va’ a farti un giro con gli stivali delle sette leghe, va’!

E noi continuiamo il viaggio. La prossima volta andremo a…